Collezione: Olivier Remy

Come si può rappresentare un Paese la cui rappresentatività è stata saturata dal boom combinato del turismo e dei social media?
Come possiamo sfuggire alla cartolina, al già visto, al trascurato?
Questa è la domanda che ancora mi tormenta spesso in Islanda (più che altrove) e i paesaggi sono i grandi perdenti in questa valanga di immagini (per non parlare degli abitanti che sono semplicemente assenti dalla maggior parte delle rappresentazioni).

La proposta del pittore Olivier Rémy cambia radicalmente il soggetto, poiché non è mai stato in Islanda. Affascinato da una di quelle innumerevoli carte da parati che compaiono senza che nessuno chieda nulla, cominciò a dipingere ispirandosi ad essa, prima di liberarsi gradualmente da questi modelli.
La sua Islanda è dunque un'Islanda fantastica, ricomposta, come un sogno, con la sua dose di spostamenti e trasposizioni. Le sue tele hanno uno spessore singolare: Olivier Rémy mescola segatura riciclata dai suoi cantieri edili (è anche falegname e scenografo), colla per legno e colori acrilici, un'eco locale dell'uso di lava e cenere di Birgir Breiddal esposto quest'estate; le linee e le tonalità dei paesaggi sono familiari e tuttavia virate verso una leggera estraneità.
Come ogni dipinto, anche quest'opera deve essere confrontata visivamente.
Ísland espone 4 dipinti di questa serie.

Olivier Rémy dipinge ascoltando la musica. La sua playlist è molto varia: Aka Moon, Nérija, Steve Coleman, Ashley Henry, Kepone, No Means No, Fugazi, Shellac, Tool, Sandra Nkaké, Sampa the Great.